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      Non è dunque strano che il marchese cedesse alla corrente. Da' suoi contemporanei ottennero infatti largo applauso, siccome portenti di bellezza poetica, i difetti appunto che rendono oggidí noiosa la lettura delle opere di lui; oggidí che nel poeta cerchiamo il poeta e le sue forti sensazioni, non la fredda pompa della sua vasta memoria, non l'arguzia delle sue allegorie, non la magistrale ripetizione delle sentenze rubate di peso al catechismo.
      Del resto, alcune brevi canzoncine del Santillana fanno fede ch'egli avesse un cuore non del tutto prosaico. È un peccato dunque ch'egli non intendesse il vero bello dell'antica poesia nazionale spagnuola. È un peccato ch'egli non si desse a nobilitarla, secondando industriosamente la tendenza ch'essa aveva spiegato ne' Romanzi del Cid e in tanti altri romanzi e canti popolari; tendenza che muoveva, senza mistura di frivolezze scolastiche, dall'indole della civilizzazione arabo-ispana, e principalmente da uno squisito sentimento delle glorie e delle sventure della patria, da un culto tributato all'onore come ad una religione. Ma purtroppo le cattive scuole fanno contrarre cattive abitudini anche agli ingegni singolari! E che altre abitudini potevano mai insegnare coloro che tutto guastavano, fin anche la semplice idea del Dio a cui professavano di servire?
      Che se il Santillana non avesse sdegnato di uniformarsi all'indole ed allo spirito di que' romanzi, gli sarebbe riuscito di dare una veste piú poetica all'intendimento patriottico, col quale scrisse El doctrinal de privados.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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