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      La tolleranza č un dovere religioso, č una virtú sociale; ma in materie poetiche non č comandata da nessuna filosofia.
      Da che ci guidano princípi cosí severi, č impossibile per noi il tributar gran lodi né al De Mena, né a chiunque non regge al tocco della critica proclamata oggidí da un capo all'altro d'Europa dalla crescente sagacitá de' filosofi. Č acerba invero per molti l'austeritá delle nuove leggi di cui ci facciamo propagatori; e il cuor ce ne piange per un sentimento di compassione, tanto piú vivo in quanto che ci bisognerá esercitarlo primamente verso di noi medesimi. Ma, d'altra parte, quella austeritá raddoppia nell'animo nostro il giubbilo dell'ammirazione per que' rarissimi intelletti, che meritano giustamente il nome di "poeti".
      Or, per lasciare le glose e star fermi lá donde vorrebbe distoglierci l'affluenza delle idee affini (che il volgo degli innocenti chiama poi "disparate"), diremo che nel Labirinto il lettore trova alcuni passi, i quali, se non rammentano il pennello di Dante, lasciano pure in qualche maniera scorgere da che pigliasse origine la stima esagerata di cui il De Mena gode tuttavia i rimasugli presso la sua nazione. Tale č, per citarne uno, quel passo ov'č descritta la morte del conte di Niebla, famoso eroe della Spagna, il quale, mentremche tentava di togliere a' mori Gibilterra, mal pratico del flusso e riflusso della marea e soverchiato dalle onde, sdegnň di pensare a se stesso e di salvare se solo, poiché vedeva perire miseramente in quelle acque tutti i propri compagni.


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Scritti critici e letterari
di Giovanni Berchet
Laterza Bari
1912 pagine 282

   





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