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      Criticare i criteri e i metodi del partito comunista russo, illustrare gli errori e gli orrori del governo bolscevico, è per noi un dovere e un diritto, poiché nel fallimento del bolscevismo statolatra vediamo la migliore conferma delle nostre teorie libertarie. Bisogna, inoltre, notare che quando la Russia era, per il proletariato italiano, la terra santa della libertà e della giustizia, che quando il miraggio del mito russo esercitava il suo fascino rivoluzionario su tutto il mondo, noi tacemmo, ad eccezione di qualche voce isolata, poiché la rivoluzione russa era un grandioso fatto da accettare così come era, in blocco, se non se ne voleva diminuire la ripercussione in quei paesi che sembravano, come il nostro, prossimi a seguire l'esempio che veniva dall'Oriente. Ma due fatti ruppero il nostro volontario silenzio: le rivelazioni fatte da Serrati, Colombino, Nofri e Pozzani e altri, e, sopratutto, la sistematica importazione di tutta quanta la letteratura bolscevica russa e lo scimmiottamento di tutti i criteri tattici e la pedissequa imitazione di tutti i punti programmatici di Lenin e compagni. Ci trovammo nella necessità di non più tacere ciò che era ormai rivelato dalla stampa socialista e nella necessità di opporci a quella propaganda giacobina che dilagava tra le masse, pregiudicando quello che noi riteniamo il giusto indirizzo rivoluzionario. A tutto questo si aggiunse la reazione anti-anarchica del governo di Mosca e la convinzione che la politica dei bolscevichi russi portasse a un ripiegamento rivoluzionario in Russia e nell'Occidente.


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Umanesimo e anarchismo
di Camillo Berneri
pagine 88

   





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