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      Malatesta, perseguitato dalle polizie di mezzo mondo quasi tutta la sua vita, non solo lo sapeva ma lo diceva e scriveva. Essendosi egli, in un comizio pubblico, rivolto ai carabinieri di servizio per dir loro delle parole umane, Paolo Valera gliene aveva mosso rimprovero. Malatesta, rispondendo all'attacco, su Volontà di Ancona, scriveva, tra l'altro: «In ogni uomo resta sempre qualche cosa di umano che in circostanze favorevoli può essere evocato utilmente a sopraffare gli istinti e l'educazione brutali. Ogni uomo, per quanto degradato, sia pure un feroce assassino o un vile arnese di polizia, ha sempre qualcuno che ama, qualche cosa che lo commuove. Ogni uomo ha la sua corda sensibile: il problema è di scoprirla e farla vibrare».
      In un articolo su Umanità Nova (14 marzo 1922), non mancando di affermare essere l'opera generale dei carabinieri non meno dannosa di quella dei delinquenti, Malatesta scriveva: «I carabinieri e le guardie regie sono il più delle volte dei poveri disgraziati vittime delle circostanze, più degni di pietà che di odio e di disprezzo, ed è probabile che personalmente siano migliori dei peggiori tra i fascisti».
      Alcuni compagni che non hanno conosciuto personalmente Malatesta, o che pur avendolo avvicinato non hanno afferrata la di lui personalità morale, credono che egli facesse certe distinzioni per opportunità politica. È questo misconoscere l'umanesimo malatestiano. Uomo che odiava l'ordine statale-borghese, rivoluzionario non solo di pensiero ma anche di azione, Malatesta non avrebbe esitato a far saltare, se lo avesse ritenuto necessario e lo avesse potuto, tutte le caserme dei carabinieri e tutte le questure d'Italia.


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Umanesimo e anarchismo
di Camillo Berneri
pagine 88

   





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