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      Piero Gobetti scriveva di lui, nel suo saggio La rivoluzione liberale:
      «La preparazione e la fisionomia spirituale di Antonio Gramsci invece apparivano profondamente diverse da queste tradizioni, gią negli anni in cui egli compiva i suoi studi letterari all'Universitą di Torino e si era iscritto al partito socialista, probabilmente per ragioni umanitarie maturate nel pessimismo della sua solitudine di sardo emigrato.
      «Pare venuto dalla campagna per dimenticare le sue tradizioni, per sostituire l'ereditą malata dell'anacronismo sardo con uno sforzo chiuso e inesorabile verso la modernitą del cittadino. Porta nella persona fisica il segno di questa rinuncia alla vita dei campi, e la sovrapposizione quasi violenta di un programma costruito e ravvivato dalla forza della disperazione, dalla necessitą spirituale di chi ha respinto e rinnegato l'innocenza nativa.
      «Antonio Gramsci ha la testa di un rivoluzionario; il suo ritratto sembra costruito dalla sua volontą, tagliato rudemente e fatalmente per una necessitą intima, che dovette essere accettata senza discussione: il cervello ha soverchiato il corpo. Il capo dominante sulle membra malate sembra costruito secondo i rapporti logici necessari per un piano sociale, e serba dello sforzo una rude serietą impenetrabile; solo gli occhi mobili e ingenui ma contenuti e nascosti dall'amarezza interrompono talvolta con la bontą del pessimista il fermo vigore della sua razionalitą. La voce č tagliente come la critica dissolutrice, l'ironia toglie la consolazione dell'umorismo.


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Umanesimo e anarchismo
di Camillo Berneri
pagine 88

   





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