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      Essi infine altro pregio non hanno fuor che l’aver cominciato a far uso di alcune robuste espressioni e naturali con qualche maniera di metro rinforzandole. Ciò stesso è un pregio comune a quanti, uscendo dalla barbarie, tentano qualche cosa. Dante non dee mirarsi né come epico né come comico poeta. Non fece altro che descrivere un suo viaggio, e il capriccio non meno che le passioni furono, più che non io, sue vere guide e compagne in tal via. Quello, non da regole, che ignote erano al tempo suo, non da presenti esempli illustrato, in tante allusioni, in tanti simboli, ch’ei solo intendea, e in così svariati luoghi ed obbietti il traviarono. Queste il condussero a parlare malignamente di tanti fatti e persone del tempo suo, delle quali non s’ha più contezza, e a far pompa vana di tanta erudizione fuor di proposito, poiché in vero dottissimo ei fu, ma qual esser potea di que’ dì, sopra d’ogni altro. Il volerlo tutti imitare, il proporlo ai giovani, l’esaltarlo senza conoscerlo e senza intenderlo, quest’è che noi condanniamo. Se a miglior tempi fosse vissuto, sarebbe forse il maggior de’ poeti. A Dante null’altro mancò che buon gusto, e discernimento nell’arte. Ma grande ebbe l’anima, e l’ebbe sublime, l’ingegno acuto e fecondo, la fantasia vivace e pittoresca, onde gli cadono dalla penna de’ versi e de’ tratti mirabili. Anzi giudico che da questi venuto sia l’abuso d’imitazione tra gl’italiani. La sua Comedia, mostruosa per altro, presenta qua e là certe immagini così forti e terribili, de’ terzetti sì bene organizzati, che t’incantano in guisa da non sentir l’asprezza d’altri dodici o venti che vengon dopo.


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Lettere Virgiliane - Lettere Inglesi e Mia Vita Letteraria
di Saverio Bettinelli
1758 pagine 205

   





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