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      tenere e fresche e diè lor polso e lena?
      Onde le perle etc. .
      Ma tutto il diletto ci avvelenarono l’ultime parole, sì facili ad emendarsi per altro:
      E que’ begli occhi ond’io ho guerra e paceche mi cuocono il cor in ghiaccio e fuoco. —
      — In vero, o Tibullo, sento anch’io molta noia di ciò, — ripres’io — ma non era il secolo del Petrarca un secolo d’oro come il nostro, per le buone lettere. A lui rimanea molta incertezza di buon gusto pur anco, e le tenebre non erano dissipate. Ma, in qualità di poeta, egli è nondimeno il più elegante, il più armonico, il più sublime, che vedesse l’Italia dopo noi. Egli ha ridotta in puro argento quella lingua, che in man di Dante avea tanta scoria, e la stridente tromba di quello ha cambiata in un flauto di soavissima melodia. Che se volgiamo noi l’occhio al midollo della sua poesia, cioè all’affetto che l’anima, qual poeta ha mai favellato in tal linguaggio, ha passionato il cuore cotanto, ha fatta sentire quella divinità, che ispira i poeti, così vivamente? Or dunque non altro rimane fuorché prenderne l’ottimo, e quel godere tra noi, riponendolo con quanto abbiano di più eccellente la Grecia, il Lazio e l’Italia prodotto giammai. —
      State sani.
     
      LETTERA QUINTA - AGLI ARCADI
     
      Un rumore improvviso interruppe il ragionare, ed era un cotale che ad alte voci gridando chiedea d’aver luogo e soggiorno tra i poeti latini, e tra gli epici un seggio a me vicino, perché dicea d’aver tradotto in gran volumi di verso esametro e di stile virgiliano tutto quanto il poema dell’Orlando Furioso insino al 48° canto del divin Ludovico Ariosto(3). Noi fummo dapprima sbigottiti, udendo quel titolo di divino che ben sapevamo per prova esser dagl’italiani mal impiegato.


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Lettere Virgiliane - Lettere Inglesi e Mia Vita Letteraria
di Saverio Bettinelli
1758 pagine 205

   





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