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      Per poco d’orecchio che uno abbia, un poco di lettura di drammi, anche solo di Metastasio, fa de’ versi passabili e dei buoni talora eziandio, onde vien forse che anche le poetesse non son rare in Italia. Ma, in una tal lingua, v’è obbligo di farli eccellenti, o non si deve farne, perché la poesia divien cosa comune, e facilmente ognun crede all’amor proprio di esser poeta coi soli versi, e i versi costan sì poco. Vedrete molti, massime giovani, andare estatici delle lor poesie, i quali si stiman poeti, perché i loro versi suonano e splendono di belle voci, di grazia e d’armonia, sicché, recitandoli, fanno un concento musicale e lusingan l’udito. Questi, a ben considerarli, si compiaccion di quel merito che non è loro, ma della lingua, e, se si togliesse ai lor versi il sonoro, il dolce, il molle, il cantabile, il chiaro e l’argenteo, che son le doti di lei, niente non resterebbe all’autore, fuorché la poca fatica di accozzare undici sillabe, e l’attenzione di andare a capo al fin di quelle. In questo assomigliate ai greci, e noi altri inglesi un poco a voi assomigliamo non per la bellezza, ma per l’abbondanza della suppellettile dello stile. Abbiam noi una gran libertà di sintassi e di tropi, osiamo violare impunemente molte leggi poetiche ed ammetter vocaboli nuovi ed estranei prendendoli dalle lingue viventi, e dando loro cittadinanza di privata poetica autorità, onde abbiamo ricchezza di materiali. I francesi non fan così, che piuttosto ai latini s’accostano per la difficile struttura del loro verso, e per la severità di molte leggi inviolabili, o per quella ragione che dice Mr. La Beaumelle ai suoi compatrioti.


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Lettere Virgiliane - Lettere Inglesi e Mia Vita Letteraria
di Saverio Bettinelli
1758 pagine 205

   





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