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      E poi dove trovare in questi luoghi delle scarpe che non sieno di materia e di fattura grossolane, e di peso enorme? Io mi guardo attorno, e vedo una botteguccia di ciabattino che ha per insegna due forme infilate ad una corda e penzolanti in aria. L'indicazione era equivoca, anzi del tutto falsa, poichè invece di fabbricare scarpe, sembrava che là dentro si fabbricassero forme. Suvvia, non andiamo a cercare la logica nè l'esattezza dei simboli sopra le insegne delle botteghe. Il barbiere tiene inalberato sulla sua tre piattelli di stagno o di ottone, e ciò non vuol significare che egli sia artefice di quella sorta d'utensili. Io entro dal ciabattino, e intanto il mio compagno va a copiare la chiesetta del villaggio, bellamente situata sopra un'altura, e poi un mulino a vento che sorgeva poco discosto di là, e che egli non prese per un gigante, come avrebbe fatto Don Chisciotte di piacevole memoria. Il ciabattino era un vecchiotto di circa sessant'anni, grasso, rubicondo e colla bontà dipinta in faccia. Aveva una di quelle fisonomie che si guardano volentieri, e per le quali si prova subito simpatia. Egli mi disse, toccandosi la berretta, che m'avrebbe servito nel mio bisogno, ma che non ci voleva meno di due ore a fare la fattura come andava fatta. Vi era in quella bottega un odor di pece e di cipolle che non rallegrava l'olfatto, ma i viaggiatori pedestri non debbono essere schizzinosi, nè cadere in deliquio al più piccolo disgusto dei sensi. Nondimeno, se avessi avuto un altro pajo di scarpe, sarei andato volentieri a passeggiare e respirare liberamente.


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Tre racconti sentimentali
di Paolo Bettoni
Borroni e Scotti Milano
1855 pagine 106

   





Don Chisciotte