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      Qualche cosa di somigliante. Qui nei dintorni egli aveva un palazzo, al presente trasformato in una filanda, nel quale il compratore gli lascia godere due camerette finchè vive, non so se per contratto o per compassione. Il povero diavolo va a desinare ora dal parroco, ora dal sindaco, ed ora da qualche altro benevolo possidente. Alle volte riceve un soccorso di danaro da certi suoi amici di Rovereto e di Trento, che si ricordano di lui.
      E come sopporta la sua miseria?
      Piuttosto coll'indifferenza dello spensierato, che colla rassegnazione dell'uomo mortificato e pentito che conosca i proprj torti. Mi dispiace il dirlo, ma io sono persuaso che se gli toccasse per miracolo un altro milione, tornerebbe da capo a divorarlo. L'inclinazione ai piaceri, e dirò anche ai vizj, è in lui irresistibile. Non potendo far altro, guarda le donne con occhio bramoso, giuoca all'osteria un boccale di vino col primo che gli capita, e si reca come spettatore ai balli campestri che succedono per nozze, o per altre occasioni di allegria. Lo crederebbe? Egli è capace perfino d'immischiarsi nelle danze.
      Come appunto ha fatto nella festa di jeri sera. Egli non ha dunque nessuna dignità, nessun sentimento della propria nascita e del proprio decoro.
      La poca educazione, le male pratiche, e la scompigliata sua condotta lo hanno degradato e avvilito per sempre.
      Quantunque vi abbia rotta una gamba, voi gli fate del bene, maestro Giacomo. Io ho udito testè, senza volerlo, come un ricambio di parole fra il benefattore e il beneficato.


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Tre racconti sentimentali
di Paolo Bettoni
Borroni e Scotti Milano
1855 pagine 106

   





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