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      Faustino, che realmente credeva d'aver fatto prevaricare quella specie di suo ajo, e che sapeva di poterlo condurre pel naso, dichiarò che non voleva sottomettersi ai patti stabiliti senza il proprio consenso, e che egli non era venuto a Parigi per fare la vita dello scienziato. Leonardo finse di opporgli una forte resistenza, mise in campo i diritti e l'autorità di cui era investito, la responsabilità che pesava sopra di sè, i rimordimenti della coscienza, e passò perfino a parere sdegnato, e a tenergli il broncio. Intanto le brame del giovane erano fatte dal contrasto vieppiù ingorde ed impazienti di ritegno. Egli passava dall'umile pregare all'imperioso volere, e finalmente Leonardo, come se cedesse a tante importunità, gli fece alcune concessioni, che in breve si allargarono senza misura. Faustino si paragonava in cuor suo al destriero che prende il morso tra i denti e mena dove vuole il suo cavaliere. Le più belle cortigiane maestre nelle blandizie, i pasti squisiti e copiosi presso i celebri ristoranti, i concerti musicali, gli spettacoli equestri del circolo Franconi colle sue amazzoni leggiadre, quelli dei balli dell'Opera colle sue ninfe succinte e voluttuose, e quelli delle danze popolari piene di movenze e di abbandoni indecenti occuparono per sei mesi lo spirito ed il corpo di lui, tanto che la sua salute ne fu rovinata. In sulle prime Leonardo non se ne diede per inteso, e allora soltanto che il giovane cominciò a deperire troppo evidentemente, egli aprì gli occhi e manifestò le sue inquietudini.


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Tre racconti sentimentali
di Paolo Bettoni
Borroni e Scotti Milano
1855 pagine 106

   





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