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      Un fabbricatore di merletti nella città di Vagliadolid, sentia con ragione pe' Francesi un'odio così mortale, che mai senza averne uno o due tolti dal mondo, lasciava giorno passare. Ogni mattina al primo albeggiare, alla caccia di Francesi regolarmente se ne usciva. Ma siccome da truppe nemiche, con diligenza, le porte custodivansi, così era per lui giuocoforza che nei luoghi dove avea la certezza di non essere veduto, su per le mura s'arrampicasse. Tosto poi dall'altra parte calato, d'uno schioppo che sempre nel sobborgo teneva nascosto, si muniva e dopo di alcune ore d'utile caccia, tutto contento di aver con le proprie mani alcuni Francesi tolti di vita, quietamente al suo domicilio facea ritorno.
      Eravi nelle vicinanze di Thomar un contadino dotato di una forza prodigiosa e corrispondente ardire, che costretto di rinunziare alle sue pacifiche occupazioni, gli venne dall'amore della sua patria suggerito di ammazzar quanti più poteva Francesi, e delle loro spoglie mantener la sua vita, com'essi di quelle dei Portoghesi, sfoggiatamente vivevano. Quest'ardito difensore del suo paese, uccise più di trenta nemici colle sue proprie mani senz'ajuto di alcuno, e predò più de cinquanta cavalli e muli nel solo mese di febbrajo(378). Ei recava il suo bottino in Ábrantes, e colà vendevalo. Per tutto il tempo, in cui rimasero i Francesi nel paese, continuò la sua guerra singolare per proprio conto, e tanta, le sue operazioni gli fruttarono celebrità, che i Francesi misero ad un'alto prezzo la sua testa senz'averla però mai conseguita.


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Della guerra nazionale d'insurrezione per bande applicata all'Italia
di Carlo Bianco di St. Jorioz
1830 pagine 508

   





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