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      Mina le armi nemiche, qual bambino che sogna mostri, paventava, e come dal veleno della torpedine istupidito, di cozzare con la lor possa, pił non osava: e quell'antica, pura gloria che degno lo facea di venerazione, in tal epoca, con viltą somma macchiando, rannicchiossi dentro Barcellona, e colą rinchiuso, oppresso dalla paura che la conoscenza della propria incapacitą aveva in lui generato, non meno che da una smodata ambizione stimolato, e l'animo suo dai popolari sarcasmi trafitto, a trattare col nemico e a consegnargli la famosa piazza (che gli fł dalla patria confidata, onde fino alla morte la difendesse), dopo una lunga e vituperevole inazione, si spinse. Ma per eseguire il suo dispregievole divisamento; gli era d'uopo, da quel paese, tutti coloro che avrebbero a lui resistito coll'armi, per mezzo d'insidiose macchinazioni, allontanare. era in fatti Barcellona, di viveri provveduta, senza breccie aperte(438), senza regolare assedio, ma semplicemente(439) con pochissima forza, bloccata, senza peste, senza diserzione, senza insurrezione: anzi presentava il raro fenomeno di una fortezza, gli abitanti della quale, volevano resistere. Ma il Generale puntate le artiglierie della cittadella contro la cittą, ad arrendersi per forza, sotto pena di essere da lui stesso incendiati, e mandati a soqquadro se altrimenti pensassero, loro imponea. Agevol cosa riescir doveva la difesa di quella piazza, capace per sč sola di sostener lungo tempo la libertą della patria. Pertanto Mina, onde il suo pericolo scemare e liberarsi dalla soggezione e contrasto di tutti coloro, che non fuggirsene, com'egli(440) pensava eseguire col sagrifizio dell'onore, ma la piazza fino, all'ultimo, volean mantenere o morire.


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Della guerra nazionale d'insurrezione per bande applicata all'Italia
di Carlo Bianco di St. Jorioz
1830 pagine 508

   





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