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      - Eccola: «Chi esamina quanto ho scritto riconoscerà quanto sia difficile di applicare questa cura senza grande pratica, e come occorra singolare fiducia da parte del paziente e della sua famiglia, e speciale diligenza ed energia da parte del medico per far godere al malato, in qualche maniera almeno, i vantaggi del sanatorio.
      «Non è necessario d'insistere su questo, che anche nelle circostanze più favorevoli è impossibile di sostituire completamente colla cura privata la cura del sanatorio, nella quale il malato approfitta, oltre che del clima, della grande pratica del medico e delle speciali disposizioni dello stabilimento.
      «Dobbiamo quindi guardarci seriamente dal tentare la cura del malato nella pratica privata se a ciò non ci costringono gravi e pressanti ragioni. Un soggiorno, benchè breve, nel sanatorio, che alla fine deve essere pel malato un istituto d'educazione, renderà singolarmente più facile al medico e al paziente, così l'ulteriore trattamento, come la vittoria finale sulla malattia.»
      In maniera consimile già si era espresso uno dei più illustri clinici tedeschi, il prof. E. von Leyden di Berlino, in un discorso pronunciato al Congresso Medico di Mosca del 1897:
      «Quando si chiede se il trattamento dei sanatorii sia indispensabile per la cura, non si può non rispondere, che eguali risultati si possono ottenere anche fuori di essi, ma più difficilmente, e soltanto col concorso di circostanze particolarmente favorevoli. Molti malati provano una decisa ripugnanza ad entrare in uno stabilimento, parte perchè non amano trovarsi con altri malati, parte perchè non sanno assoggettarsi ad una regola severa.


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Contro la tubercolosi
di Giulio Bizzozero
Treves Milano
1899 pagine 134

   





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