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      Dalla Società d'Igiene di Padova, poi, è partito un invito per la formazione di una lega nazionale contro la tubercolosi, che ha già risvegliato un'eco di simpatia in parecchie nostre città.
      (2) Già Isocrate (morto 338 anni avanti Cristo) nell'orazione detta eginetica dava il consiglio d'andare cauti nell'assistere i tisici, perchè molti nell'assidua continuazione del pietoso ufficio avevano contratto lo stesso male e ne erano periti. Pressochè nel medesimo tempo, Aristotile, non solo avvertiva il fatto, ma cercava di spiegarlo. E la sua opinione veniva ribadita da Galeno, e così trasmessa per lungo volgere di secoli dalle più celebri scuole mediche arabe ed europee, che giuravano nelle parole del grande maestro. Nel cinquecento perduravano le stesse credenze, e Fracastoro, polemizzando con Giacchini di Pisa, contrario al contagio, faceva rilevare come non pure la persona del tisico, ma le sue vesti, la camera e il letto possano trasmettere la malattia. Nè si mutava l'opinione nel seicento, poichè, anzi, troviamo negli scritti del tempo numerosi documenti, che dimostrano come essa avesse corso anche fra i profani. Niuna meraviglia, adunque, che continuasse anche nel secolo successivo, e ad essa s'informassero i provvedimenti dell'Autorità, diretti a combattere la diffusione della malattia.
      Alfonso Corradi, in un lavoro, che la morte gli troncò a mezzo, e venne poi pubblicato, incompiuto com'era, nel giornale della R. Società Italiana d'Igiene del 1892, raccolse copiose notizie riguardanti le «vicissitudini dei concetti e dei provvedimenti intorno al contagio della tisi polmonare». Sono pagine che si leggono con vivo interesse, e destano nell'animo due opposti sentimenti: un sentimento di profonda e gradevole meraviglia, vedendo come fino dalla metà del secolo scorso gli Stati italiani, che allora vantavano medici insigni, avessero idee così esatte rispetto alla natura contagiosa della tubercolosi, e precedessero gli Stati più civili nel prendere contro di essa dei provvedimenti legislativi, che oggi ancora, dopo un secolo e mezzo, rappresentano un desiderio vivo, ma in gran parte insoddisfatto, degl'igienisti (denuncia obbligatoria, disinfezione pure obbligatoria durante la malattia e dopo la morte, ecc.


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Contro la tubercolosi
di Giulio Bizzozero
Treves Milano
1899 pagine 134

   





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