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      VI. Il pavimento della camera si lavi almeno per due volte, e si imbianchi la muraglia tutta, tenendo per qualche tempo le finestre e le porte aperte, acciò possa l'aria dissipare affatto ciò che restasse d'infezione nella camera medesima.
      Nè la prevenzione della tubercolosi si affidava soltanto all'opera dei governanti; a questa si cercava d'aggiungere la diligenza dei privati. Infatti il collegio medico fiorentino suggeriva di avvertire il popolo «delle più reali cagioni di questo male, che sono gli sfoghi del petto, o gli errori del vitto, e più d'ogni altro le infreddature e le tossi incautamente acquistate e stolidamente neglette, le quali non essendo ben curate nel loro principio quando nel capo o nelle fauci si manifestano, si estendono poi per la continuazione dei canali dell'aria dentro ai polmoni». Raccomandava altresì «la nettezza dei luoghi e delle persone, poichè è certissimo che una delle più frequenti cagioni della pronta propagazione delle malattie popolari perniciose è la immondizia; mentre è manifesto sempre più mantenersi costante la comune sanità, là dove maggiore è la pulitezza».
      Appare da queste citazioni, che dei tre fondamenti dell'attuale difesa contro la tubercolosi, consistenti nel diminuire la predisposizione dell'organismo a riceverla, e nell'evitare la trasmissione del contagio, abbia essa luogo per mezzo dello sputo dei malati o per mezzo del latte di mucca, gli italiani del secolo scorso conoscevano già i due primi e più importanti, cioè quelli che potevano essere fatti palesi dalla semplice accurata osservazione clinica.


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Contro la tubercolosi
di Giulio Bizzozero
Treves Milano
1899 pagine 134