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      La campagna del 1813 fu una pruova novella di quel che abbiam detto, e Javer, Dennevitz, Culm paralizzarono i successi di Dresda e i vantaggi della linea interna dell'Elba. Parliamo di queste campagne sotto il rapporto puramente strategico, ma vi erano altre cause di diversa natura che influivano sui loro risultamenti.
      Nella campagna del 1814 non era piú il capo dell'impero ma il generale dell'esercito d'Italia, il quale, se ne togli l'entusiasmo ed i veterani che il secondavano, con forze inferiori rinnovava a Champaubert e a Montmirail i prodigi di Lonato e di Castiglione contro l'Europa irritata, agguerrita e potente. Ma qui non v'era che l'arte: tutto il resto era contro; e la missione dell'arte si è quella di facilitare lo svolgimento degli avvenimenti piú che di travolgerne il corso.
      La campagna del 1815 artisticamente immaginata confermava ciò che disse il Montesquieu con tanta sagacitá, cioè che uno Stato soccombente alla perdita di una battaglia non dovea cercare sul campo l'origine della sconfitta, ma penetrare piú addentro e rimontare piú ad alto.
      La fortificazione scientificamente considerata non fece gran passi, rimanendo sempre al punto in cui Vauban l'aveva lasciata. Benché molti distinti autori ne perfezionassero i metodi, la difesa restò sempre inferiore all'attacco; né valsero i lavori del Saint-Paul, del Bousmard e la bella opera di Carnot, il quale cercava colla difesa attiva, coi fuochi curvilinei e con qualche modificazione nel disegno, di ritardare l'ultimo periodo della difesa e di renderlo piú vigoroso.


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Della Scienza militare
di Luigi Blanch
Laterza Bari
1910 pagine 361

   





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