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      Famosi pel celere piè.
      Quel d'essi che morto ammazzato,
      Impingua di Cirno il terren,
      All'aulica corte è pagatoCon cento fiorini del Ren.
      Così Carlo Sesto ai mercanti,
      Se vuoto è il tesor signoril,
      Dà i sudditi e cambia in contantiLa turba dei Lanzi servil.
      Comprati al medesimo prezzo,
      Ve' i fanti tedeschi sfilar,
      Seguiti dal morbido lezzoChe lasciano ovunque passar.
      Dal feltro a tre punte gli pendeSull'abito bianco il codin,
      E il panno dell'uose gli ascendeA mezzo calzone turchin,
      Provvisti del soldo e del vittoDa Genova, certo sarà,
      Se crepano, il netto profittoChe Vienna da loro trarrà.
      I Svizzeri seguono in vagaDivisa scarlatta, purchè
      In tasca gli suoni la paga,
      La diano republiche o re.
      A corre i camosci addestratiE a uccidere gli orsi al covil,
      Per tanto s'affollano armatiCol lungo rigato fucil.
      Muniti di picche, moschetti,
      Labarde, e spadoni a due man,
      Quei sgherri negli ordini stretti,
      Son figli del suolo italian;
      Che Genova a schermo raccoglieDel vasto, usurpato poter,
      Cresciuto col sangue e le spoglieDell'uno e dell'altro emisfer.
      Dassezzo, coi lor bombardieri,
      Due pezzi da campo(11) son qua;
      E un nerbo di fanti leggieri,
      Che coda all'esercito fa.
      CANTO TERZO.
     
      IL PASTORE.
     
     
     
     
     
      Salito in vetta d'un ruvido masso,
      Con gli occhi tesi, porgendo l'orecchio,
      A piedi scalzi archeggiati sul sasso,
      E pronto all'armi, quel vegeto vecchio
      È Andrea, l'amico del duce dei Corsi,
      Ceccaldi, il prode che l'isola acclama;
      Di fido servo, e d'audace ha gran fama,
      Per tanti dì tra pericoli scorsi.
      Laddove l'aquila librasi al ventoChe quando sbuffa, divelle i larici,


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La battaglia di Calenzana
di Pietro-Napoleone Bonaparte
1865 pagine 41

   





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