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      Che a ritrarsi già s'erano accinti,
      Come ghiaccia che piena trascini,
      Quando i freddi vernili son vinti,
      In un subito invadon la terra,
      Dai compagni che seguonli, spinti.
      Tanta calca di retro li serraA furor nell'angustia del calle,
      E li preme senz'arte di guerra.
      Di rimpetto, di fianco, alle spalle,
      Gl'isolani gli offendon con folta,
      Ben diretta bufera di palle.
      Sanguinosi, atterriti, dan volta,
      E a campar dal fatale villaggio,
      Tutti fuggono a briglia disciolta.
      Imberciati a man salva, il coraggioGli vien meno in veder che gl'insorti
      Di bel nuovo hanno chiuso il passaggio.
      Dell'inganno allor sonosi accortiChe li tien quasi in chiuso steccato,
      Donde uscir non dovran se non morti.
      Come fiere che in alto fossato,
      Per insidia di caccia, cadute,
      Da colui che la tese, in agguatoTra gli arbusti vicini, vedute,
      Senza fretta, nè rischio nell'opra,
      Son con tiri accertati mietute.
      Così vanno i scherani sossopra;
      Nè alcun d'essi, fra tanti feriti,
      V'è che il suo feritore discopra.
      Coi destrieri in un fascio speditiL'un sull'altro dal piombo omicida,
      Confondevano gli urli e i nitriti;
      Quando un capo famoso, che ha gridaDi perito, i più bravi conforta,
      E appiedati, all'assalto li guidaDelle case, difese di sorta
      Che i cadaveri ingombran la sogliaPria che alcuno ne passi la porta.
      Non v'è colpo che in pieno non coglia;
      Ed il sangue che allaga la strada,
      Da quei laceri corpi gorgoglia.
      Tanto eccidio la frotta dirada;
      E quei mesti venali soldati,
      Senza far pur vermiglia una spada,
      Come vittime sono immolatiDalle bande di Corsica ultrici,


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La battaglia di Calenzana
di Pietro-Napoleone Bonaparte
1865 pagine 41

   





Corsica