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      Sicché, che vuol egli dire trattenersi più o meno in un soggetto, fermarvisi sinché vi paia che ci resti altro da dire, e non dipartirsene prima che vi paia d'averne detto ogni cosa? Vuol dire maggiore o minore soddisfazione nostra intima. E che valore ha questa per noi e per gli altri? Certo nessuno. E dopo avere studiato e scritto tutto il giorno, io mi domando talora: O non avresti speso meglio il tuo tempo, curando un ammalato con pericolo della tua vita, beneficando un povero con diminuzione de' tuoi comodi, portando la parola del conforto alla creatura che geme? E gemono tutte, dice un testo. Io mi domando - e chi direbbe altrimenti? - se qualunque piú gran lavoro d'intelletto non sia vinto dalla piú piccola espansione di cuore. E da questa, non so se devo chiamarla umiliazione di mente, non mi solleva se non lo spettacolo di quei pochi che, come Arnaldo, hanno, nel forte pensare e intendere, trovato motivo al buono e virile operare.
      Adunque, signora Giacinta, mi legga questo Arnaldo, se ne ha voglia, e mi dica poi se le pare di lui quello che n'è parso a me. Ché Ella ha l'ingegno acuto e l'animo saldo; e Le devon piacere i ribelli, a cui la ribellione è necessità e presentimento lontano di un ordine nuovo.
      E, con ciò, mi voglia un po' di bene e mi credaDev.mo BONGHI
      Roma, 1 ottobre 1884.
     
      ARNALDO DA BRESCIA
     
      Il guizzare dei lampi in una notte buia, chi lo ritrarrebbe meglio, quello che ne rappresentasse continuo il bagliore, o quello che invece, a tratti, spezzato? Certo il secondo; il primo, sedotto dalla bellezza della luce, se ne sarebbe lasciato tirare a versarne troppa gran copia nella scena scelta da lui.


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Arnaldo da Brescia
di Ruggero Bonghi
pagine 61

   





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