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      V.
     
      Dicevo che Arnaldo non poté rimanere tutti i diciotto anni in Francia, quanti ne sarebbero scorsi dalla prima sua andata all'anno del Concilio di Sens, ed ecco il perché. Il vescovo Maifredo ed altri abati di Brescia nel Concilio Lateranense secondo, tenuto il 1139 a Roma, l'accusarono d'aver turbato la chiesa della lor città, e messo in mala voce le persone ecclesiastiche. Quale l'accusa potesse essere si vedrà più innanzi. Qualunque fosse, egli non s'era potuto macchiare di questo peccato se non dopo tornato di Francia in patria, e fatto qui fruttificare il seme che Abelardo aveva deposto nello spirito di lui. Mi par, quindi, certo, ch'egli dopo rimasto qualche anno in Francia, ne fosse venuto via; e siccome non par probabile che seguisse Abelardo in Brettagna e gli facesse compagnia nelle misere guerre combattute da lui coi monaci di S. Gildas, il più verosimile è che quando la scuola del Paracleto si fu sciolta, tanto Arnaldo che gli altri scolari forestieri tornassero alle loro case, cioè sui principii del 1128 o 1129.
     
      VI.
     
      E Arnaldo tornò pieno d'impeto, di sicurezza, di desiderio di pensare, parlare, fare. I nemici suoi ci hanno lasciato, non senza dispetto, il ritratto di lui; e mostrato in questo come la fiamma dell'idea gli struggesse il corpo. Nessuna vita più rigida della sua, dice Bernardo. È un uomo che non mangia né beve: non ha fame, non ha sete che di anime. Austero, troppo duro in ogni parte della sua vita, che vive di poco, digiuna sempre, ozio mai, castità immacolata, dice un anonimo(5). Si macerava la carne, aggiunge un terzo, coll'asprezza dei vestimenti e l'inedia.


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Arnaldo da Brescia
di Ruggero Bonghi
pagine 61

   





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