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      III.
      Nè gli studî e la dimora oltre Alpi restarono senza frutto e senza dar prove di sè. Giacchè il conte Cavour in quel frattempo scrisse francese in varie riviste, sopra le quistioni di maggiore urgenza e rilievo, che si andavano affacciando nel campo delle scienze e de' fatti. Scrisse come uomo a cui lo scrivere non sarebbe bastato: scrisse da gentiluomo, poco e non cercando, ma accettando, le occasioni, scrisse come persona che ha non solo meditato molto, ma discorso anche molto su quello di cui scrive: come persona che sa le obbiezioni nascose e le palesi, che indovina quelle e non ischiva queste. Nei suoi scritti fa prova d'una mente larga e rigorosa; d'una erudizione adeguata, ma non soverchia, indizio così della mente e della compitezza degli studî fatti sul soggetto stesso, come della deficienza degli studî letterarî non potuti fare al collegio; d'una forza di ragionamento rarissimo; d'una instancabile caccia delle difficoltà del quesito e delle soluzioni possibili; d'una indipendenza di giudizio assoluta. Vi si mostra amico d'ogni progresso politico ed economico: e perciò d'ogni mezzo efficace ed adatto a promuoverlo; ma nemico del pari risoluto d'ogni mezzo violento, perchè, nel suo parere, ogni mezzo violento è inefficace: in somma, vi si mostra della scuola di quegli illustri uomini di Stato inglesi, che, promovendo la libertà, allontanano le rivoluzioni, e de' quali non si può dire se più amino quelle od avversino queste. La sua dicitura è come la sua mente, netta, chiara, coerente; ma non ha vivezza nè colpi, e lo stile, per il più, manca, quantunque a volte la forza del pensiero dia rilievo ed efficacia alla frase.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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