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      Allora, i prudentissimi non la ischivavano, e il ministero Balbo fece, nel discorso d'apertura del primo parlamento, professione di voler esso promuovere quelle mutazioni nella legge statutale che avessero potuto far grandeggiare i destini d'Italia(10). E il Cavour, discorrendo di quella che sarebbe stata di maggior rilievo - il modo di formazione della Camera alta o del Senato - dichiara apertamente che due devono, per parer suo, essere le Camere legislative, "non per giungere con ciò ad ottenere l'equilibrio dei poteri, ma in vista di un moto continuo, di un non interrotto svolgimento, di un moto, di uno svolgimento ordinati e progressivi; per la qual cosa riputava indispensabile il dividere il potere legislativo fra due assemblee, nell'una delle quali l'elemento popolare, la forza motrice predomini, mentre nell'altra l'elemento conservatore, coordinatore, eserciti una larga influenza". Se non che, per questo non basta "scrivere nello Statuto che ci siano due Camere, bisogna ancora far sì che quella il cui ufficio si è di temperare l'ardore dell'altra, possegga una forza intrinseca tale da opporre efficace resistenza alle passioni violente, alle fazioni incomposte e sovvertitrici dell'ordine". Ora, come il Senato potrebbe averla codesta forza? Non dall'eredità del seggio senatoriale nelle famiglie, come in Inghilterra: giacchè in Italia gli elementi d'una paria ereditaria mancano affatto, e il Cavour, com'egli stesso dice, "accagionato spesso d'essere cieco ammiratore degl'Inglesi, e di sentire in segreto il colpevole pensiero d'introdurre fra noi la parte aristocratica delle loro instituzioni", dichiara "altamente che lo imitare in questo caso la Gran Bretagna sarebbe un errore funesto, sarebbe un deporre nella nostra Costituzione de' germi sicuri di futura rivoluzione; il tentar di fondare una paria somigliante alla paria inglese sarebbe il colmo della stoltezza". Cosicchè de' tre modi che restano, e che sono o di concedere la nomina dei senatori al Re, come oggi è disposto dallo Statuto, o di lasciare la proposta agli elettori e la nomina al Re, ovvero di darne la nomina stessa agli elettori, il Cavour prova che quest'ultimo solo può riuscire allo scopo; quando la composizione dei collegi elettorali, dai quali i senatori hanno ad essere nominati, fosse diversa da quella de' collegi che nominano i deputati, e a' candidati senatoriali fossero imposte alcune condizioni di eleggibilità, ed aumentata la durata del mandato dell'eletto(11).


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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