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      VI.
      Quando, il 22 marzo, i Milanesi ebbero scosso il giogo e fugate, con una facilità che gl'illuse, le schiere austriache, il Cavour scriveva, il 23, nel Risorgimento: "L'ora suprema per la monarchia Sabauda è sonata; l'ora delle forti deliberazioni, l'ora dalla quale dipendono i fati degl'imperi, le sorti de' popoli. In cospetto degli avvenimenti di Lombardia e di Vienna, l'esitazione, il dubbio, gl'indugi non sono più possibili; essi sarebbero la più funesta delle politiche. - Uomini noi di mente fredda, usi ad ascoltare assai più i dettami della ragione che non gl'impulsi del cuore, dopo di avere attentamente ponderata ogni nostra parola, dobbiamo in coscienza dichiararlo: una sola via è aperta per la nazione, pel governo, pel Re. La guerra! la guerra immediata e senza indugi".
      Quantunque così risoluto amatore di libertà e di Italia, il conte di Cavour non fu mandato deputato alla prima Assemblea Piemontese che nelle seconde elezioni; tanto i partiti - e nel 1851 ne menavano ancor vanto(16) - erano stati d'accordo a combatterlo e respingerlo. Venuto poi deputato di Torino, disegnò ogni giorno più e meglio il suo concetto politico; giacchè per il tempo che rimase deputato, seduto sui banchi del centro destro, fieramente si oppose ad ogni moto che, partendo di sinistra o di destra, gli pareva che dovesse riuscire a distruggere del pari, in favore di ubbie repubblicane, o dispotiche, la legge fondamentale dello Stato.
      E come a' que' tempi le ubbie democratiche prevalevano, il Cavour non ischivò di rendersi impopolare, contrastandole; nè i fischi co' quali i suoi discorsi erano talora accolti dalle gallerie, o gli applausi che accoglievano i discorsi dei suoi avversarî, gli fecero mutar proposito mai.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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