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      Nč perņ il Cavour credeva che in questa difficile manovra si dovesse procedere senza una prudenza abile. Quando l'Impero fu fatto in Francia, e di qui partivano accese calunnie ed invettive contro il futuro alleato d'Italia, quando il generoso ma traviato Orsini tentņ il colpo omicida, il Cavour non esitņ nč l'una nč l'altra volta a proporre, ed ottenne, che la legge della stampa fosse modificata in maniera che non potesse turbare leggermente le relazioni internazionali dello Stato.
      Maggiore ed assoluta fu poi la scissura che, rispetto alle quistioni economiche e politiche, s'aperse tra il Cavour e quegli antichi suoi amici che sedettero sui banchi a destra della Camera. Egli voleva cambiare affatto il piano finanziario dello Stato, credendo che i mezzi che avrebbe potuto offrire l'aumento del bilancio, quando i proventi di cui s'alimentava non avessero mutato di natura e d'origine, non avrebbero mai potuto bastare a supplire alle spese necessitate dalle nuove condizioni del Piemonte. Perņ, non teneva che, come gli si proponeva da parecchi banchi della sinistra, in questa innovazione si dovesse o si potesse procedere per principī teoretici od assoluti: gli pareva non solo meglio, ma unicamente possibile di attingere, a misura che se ne sentisse il bisogno, alle varie fonti della ricchezza pubblica, cercando non un'assoluta eguaglianza nelle gravezze imposte a ciascuna, ma un'equa e relativa e possibilmente perfetta proporzione per via d'imposte speciali; cosicchč ciascuna di quelle fonti di ricchezza sopperisse per la sua parte ai bisogni dello Stato, senza che nessuna si sentisse esaurire.


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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