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      L'affetto del Garibaldi al Re, la rettitudine del suo animo, che non gli lasciava vedere senza sgomento la possibilitą che i nemici comuni ridessero dei nostri dissidī, la condizione delle province napoletane, la sua stessa posizione avanti Capua, gli fecero desiderare ed annunciare con gioia la venuta del suo Re, e dei soldati che lo seguivano.
      Questo nuovo passo il conte Cavour credette averlo a fare con maggiore solennitą, che non era parso necessario per la invasione delle Marche e dell'Umbria. Perchč l'autoritą del suo governo si rinfrancasse, convocņ il Parlamento il 2 ottobre: e volle che giudicasse quale era stata la condotta sua, e deliberasse su quella ch'egli si proponeva di tenere.
      Il suo proposito era chiaro e determinato. Egli non voleva, che, per poco tempo o per molto, si costituisse nell'Italia meridionale un governo che, sotto nome di Vittorio Emanuele, potesse operare da sč, e fuori d'ogni influenza del governo centrale e del Parlamento comune dell'altre province italiane: nč sopratutto, voleva, che questo governo venisse o restasse alle mani di persone, le quali o non professassero principī monarchici, ovvero, professandoli o credendo di professarli, compromettessero in tentativi soverchiamente temerari o in prove d'amministrazione, gią dannate dall'esperienza dei popoli, la reputazione degli Italiani e il successo della loro liberazione.
      L'assemblea s'associņ alla sua politica; e l'11 ottobre fu votata una legge per la quale il governo era autorizzato "ad accettare e stabilire per reali decreti l'annessione allo Stato di quelle province dell'Italia centrale e meridionale, nelle quali si manifesti liberamente, per suffragio diretto universale, la volontą delle popolazioni di far parte integrante della nostra monarchia Costituzionale".


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Camillo Benso di Cavour
di Ruggero Bonghi
1924 pagine 116

   





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