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      Uno scrittore ebreo, Giusto di Tiberiade, che aveva compilata una storia degli ebrei da Mosè fin verso l'anno 50 dell'èra cristiana, per testimonianza di Fozio, non citò neppure il nome di Gesù Cristo.
      Giovenale, che sferzò con la satira le superstizioni dei suoi tempi, parla sibbene degli ebrei, ma dei cristiani non fa motto, come se non esistessero(4).
      Plutarco, nato cinquant'anni dopo Cristo, storico eminente e minuzioso, il quale non avrebbe potuto ignorare Cristo e le sue gesta, ove si fossero realmente prodotti, nelle sue opere numerose non ha un solo passo che faccia un'allusione qualunque sia al capo della nuova setta che ai suoi discepoli. Cesare Cantù, al quale la credenza più cieca, indegna di uno storico, fa spesso velo agli occhi, suadendolo a ripetere fra i fatti storici le più assurde invenzioni del cristianesimo, deluso nella sua fede per il silenzio di Plutarco, esce a dire sconsolato che «Plutarco è sincero nella credenza dei suoi numi come se ancora nessuna voce non ne avesse minacciato gli altari...; ed in tante opere che scrisse di morale, mai neppure un cenno gli cascò dei cristiani»(5).
      Seneca, che, per i suoi scritti riboccanti di quelle massime che diedero corpo e vita al cristianesimo, fece nascere il dubbio essere egli stato cristiano od avere avuti rapporti coi discepoli di Cristo, nel suo libro sulle Superstizioni, andato smarrito (o distrutto), ma che ci è fatto conoscere da sant'Agostino, non dice verbo di Cristo e, parlando dei cristiani già sparsi in molte parti della terra, non li distingue dagli ebrei, che chiama una nazione abbominevole(6).


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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