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      La morale buddistica è quindi superiore a quella cristiana, perché l'amore del prossimo predicato da quest'ultima non oltrepassa i confini del paese né la cerchia della setta.
      La morale buddistica ha ancora un altro vantaggio su quella del preteso Cristo: quello di ammettere la libera ricerca della verità, mentre nei Vangeli invano si cercherebbe una parola in favore della scienza.
      Nell'India la carità del prossimo fioriva e fecondava l'istituzione di ospedali e di case di beneficenza cinque secoli prima dell'avvento del cristianesimo.
      Zoroastro, il fondatore del mazdeismo, o della religione persiana, aveva già predicato l'altro precetto attribuito poi più tardi a Cristo, il precetto della carità positiva, ossia di fare al prossimo ciò che si vuole venga fatto a sé stessi. E, mentre il cristianesimo doveva poi predicare il dogma avvilente dell'eternità delle pene, la religione persiana ammetteva invece che i malvagi, dopo un certo periodo di espiazione, sarebbero stati purificati e riabilitati e avrebbero diviso la beatitudine dei buoni. Meglio ancora: mentre il Cristo dei Vangeli condannerà il lavoro e accorderà la suprema felicità alla mendicità miserabile, invece Zoroastro aveva santificato il lavoro, specialmente dei campi, e lo aveva collocato più in alto delle semplici preghiere.
      Anche la morale degli Egiziani conteneva, oltre quei pochi precetti di buona morale che sono nei Vangeli, delle massime più elevate e più pratiche di retto vivere. Nel famoso capitolo CXXV del Libro dei morti, il morto fa, davanti al Tribunale di Osiride, una doppia confessione, diremo così, negativa, ossia di ciò che non ha fatto di male, e positiva, ossia di quanto ha fatto di bene.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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