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      D'altra parte tutta la sua morale, come poi quella cristiana, si basa sull'esaltazione dell'anima e sul disprezzo dei sensi, sul distacco dalla terra e dall'esistenza stessa, sull'opposizione dell'anima col corpo, sulla vita contemplativa e solitaria...(282).
      Non è questa pressoché tutta la morale cristiana? In Platone c'è perfino il Paternoster, attribuito a Cristo!
      Aristotele, spirito più positivo, immedesima la virtù con la giustizia, e va fino a dire che la comunità riposa sull'amore ancor più che sulla giustizia e infine, precorrendo Dante, che la giustizia suprema è amore.
      Aristotele raccomanda di non esporre in pubblico immagini indecenti per rispetto ai fanciulli, e quanto a certi Dei osceni vuole che solo il padre li adori.
      Egli ammette, è vero, la schiavitù, ma se questa debolezza è imputabile al filosofo, dell'uomo si sa che lasciò per testamento che i suoi schiavi fossero lasciati liberi.
      Ma egli insegnò anche che la comunità ha l'obbligo di istruire tutti i suoi figli: ed in questo lo spirito positivo della morale aristotelica supera di gran lunga lo spirito nullista e decadente della morale evangelica.
      Neppure il cinismo è rimasto estraneo alla formazione della morale cristiana, quantunque Diogene fosse un ateo moderno in tutta l'accezione della parola.
      Ma egli condannò il matrimonio e la famiglia e la patria, come dovevano fare poi i monaci cristiani.
      Gran parte della morale cristiana è dovuta allo stoicismo. Per lo stoicismo non c'è che un bene, la virtù; non c'è che un male, il peccato.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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