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      Si è allora che nasce un vero disgusto della vita, non sperandosi più niente dalla libertà né dalla legge: il suicidio diventa uno scampo; e la morte viene oramai considerata non più come la fine, ma come il fine della vita; è la filosofia della desolazione che inspira le Tusculane di Cicerone. E come l'arte segna il termometro morale del tempo, così in Orazio noi vediamo allora anche l'arte diventare pessimista fin quasi all'ascetismo(307).
      Se questa era già la disposizione degli spiriti prima di Augusto, quale doveva diventare poscia sotto gli imperatori successivi, sotto Tiberio e Nerone? Da quell'ambiente non potevano venir fuori che anime cristiane come Seneca: ecco perché è in quell'epoca che a Roma comincia ad apparire, misterioso, il nome cristiano, e col nome la cosa.
      La filosofia si tramuta in religione e diventa la religione del soffrire e del morire in questa vita per guadagnare il paradiso nell'altra.
      Giudicate se in quell'ambiente non dovessero attecchire e prendere forma concreta le speranze messianiche degli Ebrei, annuncianti la prossima fine del mondo e la risurrezione e la palingenesi universale!
      Giudicate se, all'anti-moralismo di quel tempo non fosse necessario l'ultra-moralismo orientale, giusta la felice antitesi del Renouvier(308), perché a guarire un eccesso occorreva un eccesso contrario, a guarire un male occorreva un altro male, e quest'ultimo, disgraziatamente, rimase dappoi nel corpo sociale prostrato e non n'è ancora del tutto stato espulso dal salutare e già più volte secolare rinascimento del naturalismo filosofico e dello sperimentalismo scientifico.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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