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      Il politeismo era dunque battuto in breccia. Nella società colta era di moda l'essere increduli. Non si credeva più né ai miracoli né alla divinazione e l'idolatria era lasciata al volgo. La critica religiosa era arrivata in Cicerone - nel Cicerone filosofo, poiché il Cicerone politico e avvocato rispettava i pregiudizi popolari, ed anzi li accarezzava, come Gaetano Negri, il filosofo lombardo del secolo scorso - fino alla negazione assoluta della divinità, nei dialoghi sugli Dei e sulla Divinazione, malgrado le precauzioni che prende nel presentarci l'idea, simili a quelle onde Epicuro, pur negando la Provvidenza, le pene e le ricompense dell'altra vita, e rendendo inutili i sacrifizi e le preghiere, tuttavia ha cura di rispettare il nome degli Dei, accontentandosi di relegarli negli spazi intersiderali.
      Ma queste critiche, in quell'epoca nella quale mancavano la libertà e la scienza sperimentale, non potevano condurre alla negazione assoluta, bensì, anche per la ragione ch'erano troppo spinte per il gran numero degli uomini di quel tempo, talché non potevano fare che una parte limitata dell'effetto che pure avrebbero potuto potenzialmente produrre, riuscirono invece a distruggere la fede negli Dei molteplici, ma per concentrarla in un dio solo, il dio ignoto di Socrate, di Euripide e del dotto e grave Varrone.
      Poiché non bisogna credere che il mondo greco-romano fosse incredulo, benché avesse perso la fede nelle scadute divinità occidentali.
      Anzi, esso era agitato più che mai da un'intensa febbre di credere: soprattutto nel nuovo, nel meraviglioso, nel mistico, in qualche cosa che addormentasse l'intelletto e assopisse i sensi.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
pagine 292

   





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