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      La grandezza principale della Grecia è dovuta alla libertà di pensiero e di parola che vi si godeva, libertà che fu la causa di quella ricca fioritura di ingegni, di teorie e di sistemi onde essa fu tanto produttiva.
      Quando sorse il cristianesimo, il mondo greco-romano era già arrivato a proclamare, soprattutto per la bocca di Lucrezio, l'inflessibilità delle leggi della natura e perfino, con Ippocrate, quattro secoli e mezzo prima del tempo assegnato a Cristo, le cause naturali di quei fenomeni che si attribuivano all'ossessione; talché il cristianesimo segnò un innegabile regresso sul principio scientifico che già era stato riconosciuto dai pensatori greci. Sul campo del sapere il cristianesimo, purtroppo, seguì il giudaismo dell'Ecclesiaste, che condanna apertamente la scienza, mentre perfino il Talmud riconosceva la libertà delle opinioni e delle interpretazioni eterodosse. Con siffatti principi, il cristianesimo riuscì fatale al progresso, a cui la libertà del pensiero è necessaria come l'ossigeno ai polmoni. Ma ancora più fatale al progresso e alla scienza il cristianesimo fu per il suo ascetismo e il suo distacco da questo mondo, che gli fecero trascurare ogni arte o studio atto a migliorare la vita presente, considerata come un semplice pellegrinaggio per l'altra vita, la vera, l'eterna, la sola importante, per gli allucinati credenti nell'al-di-là.
      Gaetano Negri ha egregiamente sintetizzato l'immobilismo della Chiesa cattolica in queste parole: «Il Cristianesimo prese, d'una parte, l'antropomorfismo della divinità ebraica e il concetto della creazione e del governo dell'universo che trovava nei testi sacri d'Israele; d'altra parte, lo spiritualismo ellenico, quale era uscito dalla scuola di Alessandria; fuse il tutto, per l'opera dei Concili, in un vasto sistema teologico, basato intieramente sopra entità metafisiche, poi disse: questa è la verità, chi dubita di essa sia maledetto e perseguitato.


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Gesù Cristo non è mai esistito
di Emilio Bossi (Milesbo)
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