Pagina (23/191)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      «Nonpertanto — dice Sylvius, t. 13, p. 835 — l'opinione contraria non manca di probabilità, e perciò non reputiamo da condannarsi coloro che non chiedono, ad una giovane penitente, se essa sia vergine o deflorata.»
      Billuart, e con esso, t. 13, p. 357, Wiggers, Boudart e Daelman, sostengono che la circostanza della verginità nello stupro volontario non aggiunge una speciale malizia alla fornicazione, ma è solamente una malizia veniale, che non è quindi necessario di svelare nella confessione. Infatti se questa malizia fosse, di sua natura, mortale, a più forte ragione sarebbe tale in questo caso in cui — come dice S. Tommaso — la perdita dell'imene della verginità mette la giovane sulla via della prostituzione, e reca grave offesa ai suoi parenti. Ma la fanciulla non sembra, per questo solo fatto, messa in prossimo pericolo di prostituirsi; e se, ignari e consapevoli i parenti, essa acconsente liberamente al suo sverginamento, nessuna ingiuria vi ha in ciò per essi.
      Inoltre se la malizia dello stupro volontario fosse semipre mortale la ragazza, accusando se stessa di godimenti venerei, sarebbe tenuta di dichiarare se fosse o no vergine, in guisa che, nel caso di un peccato puramente intimo e forse dubbio, ella dovesse in qualche modo fare una confessione generale. Similmente, l'uomo che desidera il godimento di una donna, è obbligato di dichiarare s'egli la giudicava vergine o deflorata. Se poi il penitente o la penitente non si spiegassero spontaneamente su di ciò, allora dovrebbe incombere l'obbligo al confessore di interrogarneli; ma siccome ciò è molto increscioso, così i più fra i confessori respingono questa pratica.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Venere ed Imene al tribunale della penitenza.
:Manuale dei confessori
di Jean Baptiste Bouvier
1885 pagine 191

   





Sylvius Wiggers Boudart Daelman S. Tommaso Similmente