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      Per lo stesso motivo non è peccato o è peccato soltanto veniale l'andare a faccia scoperta e l'arricciarsi i capelli. Egualmente, se cotesta foggia d'abbigliarsi, quantunque fosse nella comune usanza, pure la si adottasse con cattive intenzioni ed è in questo senso che devono essere interpetrate le parole di S. Paolo, I a Timot, 2, 9: «Non capelli arricciati, od ornati d'oro o di margherite, non vesti preziose» e le altre di S. Pietro, I Epist. 3, 3.
      6. E' evidente peccato mortale l'indossare le vesti di un altro sesso con intenzioni lascive, o con grave pericolo di lussuria, o con notevole scandalo: ma non è peccato se, escluso ogni scandalo e pericolo, si indossano per necessità, verbigrazia, per occultarsi, o perchè non si hanno altri vestimenti. Se invece s'indossano per gioco o per sola leggerezza, escluso scandalo e pericolo, è soltanto un peccato veniale. Così Sylvius, interpretando S. Tomaso, dice che il precetto del Deut. 22, 5: «non indossi la donna abiti mascolini nè l'uomo vesti femminee, imperocchè tal cosa è abbominevole in faccia a Dio» è in parte positivo, e per questa ragione obbligava sotto pena di peccato mortale gli israeliti; ma la nuova legge lo abrogò: ed è in parte naturale e sotto questo rispetto obbliga ancora, secondo le circostanze, sotto pena di peccato mortale o veniale.
      7. Per la stessa ragione devesi dire che coloro i quali fanno uso di maschere non peccano sempre mortalmente, p. e. se ciò fanno per spasso o per leggerezza, escluso ogni pericolo ed ogni scandalo, specialmente poi quando non indossano vesti dell'altro sesso, ma soltanto quelle d'una altra condizione sociale, come se un servo vestisse gli abiti da padrone, o una domestica figurasse collo abbigliamento di signora.


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Venere ed Imene al tribunale della penitenza.
:Manuale dei confessori
di Jean Baptiste Bouvier
1885 pagine 191

   





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