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      Ma deve star ben attento di non prendere le illusioni della fantasia per opere del demonio.
      Si domanda 6. Che deve farsi se, fatte le indagini, esista nondimeno il dubbio ancora circa la perpetuitá della impotenza.
      R. Risulta da tutti i teologi e canonisti che la Chiesa concede in questo caso agli sposi un triennio affine di tentare la consumazione del matrimonio. Cosí le Decret. l. 4, tit. 15 c. 5 e la pratica costante dei tribunali ecclesiastici, da Papa Celestino III almeno, in poi: ammettesi pure questa regola nel foro interno.
      I canonisti tuttavia non sono concordi sul cominciamento del triennio; alcuni reputano che il triennio cominci dal giorno stesso della celebrazione del matrimonio; altri dal giorno della sentenza del giudice. La prima opinione è la più comune, ed è quella che segue la Rota e, come chiaro appare, è la sola ammissibile nel foro interno.
      Se, durante il tempo concesso per l'esperimento, avviene che per un notevole intervallo di spazio i conjugi non possano compiere atti venerei, sia in causa di lunga infermità o di lunga assenza, si deve, — come credesi ordinariamente — supplire a questo tempo perduto, imperocchè la Chiesa richiede un triennio, e in questo caso il triennio non sarebbe completo. Non dicasi lo stesso nel caso in cui i conjugi fossero impediti per una o due settimane soltanto, perchè questo breve tempo deve considerarsi un nonnulla rispetto a un triennio.
      Ove poi gli sposi abbiano contratto matrimonio subito dopo che uno di essi ha raggiunta la pubertà, e non possano consumare il matrimonio, il tempo dell'esperimento deve computarsi, non dal giorno del contratto matrimonio, ma dal giorno della raggiunta pubertà, perchè, prima della piena pubertà, e sempre dubbio se la impotenza provenga da causa perpetua o piuttosto da debolezza di forze.


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Venere ed Imene al tribunale della penitenza.
:Manuale dei confessori
di Jean Baptiste Bouvier
1885 pagine 191

   





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