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      Nel 1408 erasi impadronito di Roma per tradimento di un Orsini, il quale persuase a Gregorio ch'egli operava nel suo interesse. Ma non ostante le ostilità di Ladislao, che alla testa di un numeroso esercito era penetrato in Toscana, favorivano Firenze, Venezia e il re di Francia la convocazione del Concilio, non solo per terminare lo scisma che perpetuava le discordie, ma altresì per non perdere quell'influenza che si avevano acquistata dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti principe ambizioso e codardo, e impedire ad un tempo ch'ella passasse nel re di Napoli, nel quale, come nel Visconti, erano pensieri di signoria universale.
     
      In queste divisioni della corte romana, le persone ad essa addette, chi per diversità di opinioni, chi per ragioni d'interesse, tennero diverso contegno. Leonardo e Poggio, benchè vissuti in Roma come prima in Firenze nella più stretta e cordiale amicizia, seguirono vie diverse. Leonardo non reputò ben fatto di abbandonare il pontefice, mentre a Poggio non parve vero di cogliere questa occasione per rivedere Firenze e gli amici della sua giovinezza, e per sollevare quivi nella dolcezza degli studi l'anima contristata dalle dissensioni della corte. Quali ragioni sconsigliassero il Bruni dal seguitare l'esempio dell'amico non ben si comprende, quantunque non apparisca che a ciò egli fosse indotto da diversità di opinioni intorno ai portamenti della corte, che egli era ben lungi dall'approvare. In alcune lettere agli amici più intimi prorompe in parole di fierissimo sdegno contro il papa, perchè mentre porgeva facile orecchio ai consigli di gente infida e bugiarda e di vilissimi adulatori, non attendeva quelli di coloro che si mostravano della grandezza della Chiesa e della gloria del suo nome unicamente solleciti12. Delle sue libere parole gli mosse più tardi rimprovero l'abate Mehus, e lo accusò di audacia per avere detta la verità, che a suo credere, egli doveva dissimulare.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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