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      Non potersi infine accusare i dotti di quel tempo, se rivolti all'antichità e a trattare soggetti che si riferivano alla storia, ai costumi, alle istituzioni, alle arti e alla letteratura degli antichi, scrissero in latino; avvegnachè le sole lingue dotte possano servire a raccogliere le sparse reliquie dell'antica cultura, sottratte come per miracolo al naufragio della barbarie.
     
      Altri poi discorrono in diversa sentenza. La direzione che presero allora gli studi, e l'essere questi all'antichità esclusivamente rivolti, dicono avere d'un tratto arrestati i progressi delle nostre lettere: essere la lingua volgare non solo caduta in disprezzo, ma stata posta al tutto in dimenticanza. All'uso invalso generalmente di scrivere in latino, doversi attribuire in gran parte la miseria della lingua nazionale, e quindi della letteratura, imperciocchè la lingua, che sola può dar progresso alla letteratura, impedivala. E della lingua non solamente furono ritardati i progressi per più di un secolo, ma quando la italianità risorse, ella venne a foggiarsi faticosamente sulla lingua Ialina: dal che derivò che la prosa di pura, bella, semplice ed elegante ch'ella era, fu veduta assumere quell'andamento maestoso, abbondante e sonoro dei latini, che la snaturò. Ricordano altresì, che col volere i dotti di quell'età far rivivere ad ogni costo il sentimento di una lingua che non poteva esprimere le idee della moderna civiltà tanto dall'antica dissomigliante, si vennero sempre più allontanando dal popolo, e riducendo a una specie di aristocrazia pressochè estranea alla società e ai tempi in cui vivea, donde derivò che rimanesse il popolo nell'ignoranza, dacchè ella voleva trasportarlo in un mondo di cui non avea nè poteva avere l'intelligenza.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Ialina