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      Perocchè gl'imperadori innanzi a Carlo Magno a una bandiera rossa, che fu la insegna antica del popolo romano, aggiunsero un'aquila d'oro. Quelli che succedettero poi a Carlo hanno usato di portare una aquila nera, o vogliamo dire fosca nel campo giallo: la quale insegna non si trova in alcuno tempo il popolo romano averla usata. Oltre alle predette cose fu varia disputa della dignità dello imperio: perchè ad alcuni pareva da osservare l'ordine antico; alcuni altri, come cosa più utile, approvavano il nuovo esempio della elezione fatta dal papa. Ma e' pare differenza che lo imperadore sia creato dal popolo romano per conforto del papa, o dal papa senza volontà del popolo: perocchè questo tale officio pare che molto s'appartenga al popolo romano. Ma in queste simili cose io mi riferisco alla ragione canonica e al giudicio di quelli che sono periti in quella facoltà.
     
      Carlo, in qualunque modo eletto, certamente fu uomo felice e degno del nome imperiale: e senza alcuno dubbio, per la grandezza de' rilevati fatti, e ancora per la eccellenza di molte sue singolari virtù, meritò d'essere chiamato Magno. Perocchè lui fu uomo fortissimo e clementissimo, di somma giustizia e non di minore continenza: e alla gloria dell'arte militare, che fu in lui singolarissima, aggiunse gli studj e la dottrina delle lettere. Passò in Italia tre volte con gli eserciti: la prima quando e' vinse e sottomise Desiderio re de' Longobardi appresso la città di Pavia: la seconda quando e' venne insino a Capua contro ad Araiso duca di Benevento: la terza volta quando e' restituì papa Lione in Roma, che n'era stato cacciato da' Romani: nel qual tempo meritò d'essere appellato imperadore.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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