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      Ma certamente il volere piuttosto mettersi a pericolo che vincere, è cosa stolta. Oltre alle predette cose, molto mi spaventa quello che io non voglio in alcuno modo tacere, benchè io non sappia, come da voi abbia a essere ripreso. Voi sapete gli animi de' vostri cittadini e la diversità delle parti. Noi abbiamo cacciati solamente della città i capi della parte avversa; e il resto del medesimo animo abbiamo drento dalle mura. Vorrei domandare, uscendo fuori con le genti, se è da menare costoro, o da lasciarli a casa. Io per me non saprei eleggere di questi due quale fosse maggiore pericolo. Perocchè, rimanendo, e' possono dare la terra a' nemici: e andando coll'altre genti, non tanto ci avremo a guardare dinanzi, quanto di dietro. Per queste ragioni adunque, noi siamo di parere, che non si debba mandare l'esercito lontano da casa, nè fare alcuna esperienza di battaglia; ma che si debba armare la nostra gioventù e mandarla a' confini del paese di Siena, acciocchè e' si ritengano di andare a campo alla terra de' nostri confederati; o quando e' pure ci andassero, sieno costretti ritornare addietro, per rimediare a' danni del paese loro, e ovviare a' pericoli delle proprie cose."
     
      Questo fu il parlare di messer Tegghiajo e il consiglio di molti altri cittadini che erano con lui. Ma gli anziani non lo udirono molto volentieri, perchè pareva che scoprisse la imprudenza loro. Accadde, che infra gli altri degli anziani v'era uno chiamato Espedito, uomo feroce, quale alle volte la sfrenata libertà suole produrre.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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