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      Questo tale, parte che messer Tegghiajo parlava, pareva che non si potesse contenere: e poi che egli ebbe fatto fine al dire, subitamente col volto e co' gesti turbato si volse a messer Tegghiajo, e disse: "Guarda, che la paura non t'inganni. Il nostro magistrato non debbe tanto guardare al tuo spavento, quanto alla sua degnità; e da ora, se l'animo per la paura ti manca, noi siamo contenti darti licenza, che tu resti a casa." A queste parole rispose messer Tegghiajo, che non domandava simile licenza, nè quando gli fosse conceduta, la vorrebbe usare; ma che si era mosso con una sincera fede a ricordare quelle cose che giudicava essere utili alla sua patria: e da altra parte, in qualunque luogo il popolo fiorentino si dirizzasse andare, egli era parato arditamente a seguire. Appresso, teneva per cosa certa, che quel tale che sì arrogantemente, s'era volto con le parole a lui, mai andrebbe tanto innanzi nella battaglia, quanto era disposto andare lui. Dopo queste parole, facendo romore gli altri che erano in compagnia con messer Tegghiajo, per difendere questa medesima sentenza, il magistrato pose loro silenzio e una pena a chi di questa cosa più disputasse. Questa furiosa deliberazione del magistrato era molto favorita dal popolo feroce, e già diventato superbo per le vittorie: il quale, non tanto per il pericolo de' confederati o per alcuna speranza di conquista, quanto per non essere tenuti timidi da' nemici, si moveva a uscire fuori, e desiderava spontaneamente di venire alla battaglia.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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