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      Ricordavano ancora l'uno all'altro, che non volessero fare vergogna al nome fiorentino, e che molto meglio era morire per la patria, che sopravvivere con tanta infamia. Per queste esortazioni, la gente più eletta si moveva a fare ogni pruova intorno alle bandiere. Molti, abbracciato le cornici o vogliamo dire le sponde del carro, quasi come coloro che si trovavano nelle cose estreme, le baciavano: e già erano l'altre genti de' Fiorentini discacciate e rotte, quando intorno al carro vigorosamente si faceva resistenza. E durò questa punta insino a tanto che i nemici con tutte le genti si misero a circondare questi difensori delle bandiere: e fatto prima grande forza, finalmente tutti li uccisero. E si dice, che più di tre mila uomini fu morti in questa zuffa, e circa di quattro mila ne furono presi. I Sanesi, poi che ebbero acquistati i campi e tutti i cariaggi, e posto fine di perseguitare la gente rotta, con tutti i prigioni e con le spoglie de' nimici se ne tornarono in Siena.
     
      Questa rotta, poi che fu udita a Firenze, mise la città in uno grandissimo timore e spavento. Era pubblicamente una significazione di mestizia, e privatamente doglienze e lamenti per le case di ciascuno. E come pare ch'egli intervenga, che il male si stima essere maggiore, i vivi insieme co' morti erano pianti. Le donne pubblicamente chi i figliuoli e chi i padri e chi i fratelli, come se fossero morti nel cospetto loro, chiamavano. E quelli che ritornavano dalla rotta che erano scampati, col volto e cogli occhi facevano significazione di grande dolore, e apertamente dicevano, che non era da condolersi di chi era morto per la patria nella battaglia, ma di coloro che erano rimasti vivi: perocchè que' tali gloriosamente per la patria avevano finita la loro vita, e loro erano rimasti scherno e ludibrio de' nimici.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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