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      Finalmente, dopo la morte di Federico, la fortuna ci aveva favoriti e restituiti nella patria e condotti in buono stato, se Manfredi di nuovo non fosse stato capo della nostra distruzione. Donde nasce, che tu puoi essere certo, che mai ci potremo quietare, insino a tanto che noi non vedremo stirpata e spenta questa generazione. E pertanto noi ti preghiamo che tu ti metta nell'animo, che per l'odio passato e per la speranza presente della quiete nostra, noi siamo tanto ardenti alla distruzione di Manfredi, che ogni celerità e prestezza alla sua ruina ci pare uno lungo indugio. E' suole intervenire spesse volte, che le menti degli uomini stanno sospese e in grande pensiero, come e' possino remunerare quegli tali che s'affaticano per loro, accadendo che i premj sono alle volte con danno di chi gli ha a dare. Questa difficoltà non è appresso i desiderj e appetiti nostri, perchè noi seguitiamo quegli premj che hanno piuttosto a dare che a tôrre favore e commodità alla maestà tua: perocchè noi non domandiamo, che nè paesi nè città conquistate e tolte a nimici, ma solamente la tornata nella patria sia il premio nostro. In questo modo, la potenza tua sarà atta a conservarci in Toscana, e noi a fare uno ostacolo quasi di forti mura contro a coloro che da quella parte ti volessero offendere. Ma riducendo tutte queste cose a una somma, stima che questi uomini ti saranno fedelissimi, i quali l'odio commune del nimico e la commune utilità te gli ha fatti amici. E ultimamente voglio aggiugnere questo: che, finita la guerra, tu faccia inverso di noi tanto, quanto ti parrà che noi abbiamo meritato: e mettiti in animo che, in ogni caso, tu ci hai a trovare devotissimi e osservantissimi della maestà tua.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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