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      Federico adunque fratello d'Arrigo e Capizio napoletano, passando in Sicilia con grande sollecitudine, menarono con loro dugento uomini spagnuoli e dugento Tedeschi e quattrocento Toscani, tutti esperti nel mestiere dell'arme. Subitamente, seminando le lettere di Corradino, e dimostrando di portare con loro molto maggiore speranza che non era in fatto, commossero in brieve tempo quasi tutta l'isola di Sicilia a rebellarsi, eccetto che Siracusa, Messina e Palermo. E similmente a Roma, poichè vi fu notizia della novità di Sicilia, Arrigo, non gli parendo d'aspettare più, chiamò a sè i capi della parte guelfa: e condotti nel campidoglio romano, ordinò che fossero circondati da gente armata. Di poi Napoleone e Matteo degli Orsini mandò prigioni fuori della città, acciocchè, ritenendoli in Roma, perchè erano uomini di grande nobilità e grazia, non nascesse qualche movimento: e Giovanni e Luca de' Savelli fece restare nelle prigioni del campidoglio; e agli uomini della parte ghibellina dette grande licenza e autorità in ogni loro governo. In questo modo subitamente mutate le cose, e quasi in uno medesimo tempo venendo la novella della passata di Corradino e della novità di Roma e della passata di Sicilia, il re Carlo, stimolato da pericoli di tante ragioni, fu costretto abbandonare la impresa de' Sanesi e Pisani, e prestamente ritornare nel reame a spegnere il fuoco della propria casa. Lasciato adunque una parte della sua gente d'arme in Toscana, acciocchè le città a lui amiche in sulla venuta di Corradino non rimanessero spogliate di guardie, tutte le altre sue genti mise insieme: e ritornato nel regno, le distribuì per la Calabria e per Sicilia, per raffrenare le ribellioni de' popoli.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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