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      Il conte Novello, il quale era nel retroguardo, vedendo implicate e quasi abbattute le genti a cavallo degli Aretini, fu il primo che si mise in fuga. Ma il vescovo Guglielmino che era innanzi alla fanteria, essendo confortato da molti, che rotte le genti a cavallo, e inclinando la vittoria a' nimici, si dovesse riducere a Bibbiena, e salvare la vita dal manifesto pericolo, domandò se poteva ritrarre le fanterie a salvamento: ed essendogli risposto, che questo non si poteva fare, disse: "La morte sia commune a me e a costoro, perocchè, essendo quello che gli ho condotti nel pericolo, mai gli abbandonerò." E subitamente rinnovata la zuffa, assaltò i nemici con grande impeto, e poco di poi, combattendo, fu morto; e le fanterie, essendo spogliate dell'aiuto delle genti a cavallo, con molta uccisione di loro, finalmente furono rotte. In questa zuffa dalla parte degli Aretini furono morti più che tremila, fra i quali fu il vescovo Guglielmino e Buonconte da Montefeltro e altri uomini di grande reputazione della parte ghibellina: ancora circa dumila vi rimasero presi. E dalla parte de' Fiorentini vi furono morti alcuni uomini di pregio, i quali si trovarono in quel primo assalto a appiccare la zuffa. Dante Alighieri poeta fiorentino scrive in una sua epistola, che essendo giovane, si trovò in questa zuffa: e narra, come dal principio i nimici furono superiori in tal modo, che i Fiorentini grandemente cominciarono a temere; ma che in ultimo ottennero la vittoria con tanta uccisione degli avversari, che fu quasi annichilato il nome loro.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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