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      Divulgando queste cose per la moltitudine, mosse le menti degli uomini a pigliare vigorosamente il governo della repubblica. Levandosi adunque i popolani e dando aiuto a questa impresa, si condussero nel cospetto del magistrato. E finalmente, convocato il popolo, essendo le sentenze varie secondo gli appetiti, esso Giano della Bella parlò distesamente di questa materia, come appresso diremo: "Sempre io sono stato d'uno medesimo animo, prudentissimi cittadini: e quanto più penso meco medesimo de' fatti della repubblica, tanto più mi confermo in questa sentenza, che sia necessario o veramente raffrenare la superbia delle famiglie potenti, o veramente perdere in tutto la libertà. Perocchè io veggo le cose ridotte in luogo, che la pazienza vostra e la libertà non possono stare insieme; e di queste dua quale sia da eleggere, io non so chi di sano intelletto ne debba dubitare. E benchè io intenda con quanto pericolo parli di questa materia, nientedimeno non reputo essere officio di buono cittadino, quando la patria domanda consiglio, avere riguardo alla propria utilità, e secondo i propri commodi misurare i consigli pubblici. Dirò adunque liberamente quello che io intendo. A me pare, che la libertà del popolo consista in due cose: nelle leggi e nei giudicj. Quando queste due cose possono più nella città che alcuni cittadini, allora si mantiene la libertà. Ma quando e' si trova chi sprezza le leggi e i giudici sanza alcuna punizione, allora si debba stimare, che la libertà sia perduta, Perocchè, come ti potrai tu difendere da coloro, che senza alcuna paura di giudicj possono a loro piacimento colle proprie mani farti ingiuria?


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Giano Bella