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      Donde si dimostrava, che queste compagnie erano ordinate in favore de' popolani contro alla potenza della nobilità, in tal maniera che in quel tempo si diceva, poi che elle furono create e deputate, il legato avere usato dire: che da quel punto innanzi, le querele d'uno popolano contra alla potenza della nobilità, non si volevano più udire; perocchè ogni popolano aveva più consorti e vendicatori delle sue ingiurie, che alcuno di famiglia, purchè egli osservassero gli ordinamenti delle compagnie. Con questo medesimo ordine furono dati i gonfaloni per il contado in alcuno luogo, non tanto perchè i contadini s'aiutassero per loro medesimi, quanto perchè non avessero cagione di concorrere al favore della nobilità.
     
      Fermato lo stato del popolo, e obbligatosi la moltitudine, parve tempo al legato, come innanzi aveva fatto pensiero, di tentare la tornata degli usciti. E avendo innanzi avuto l'arbitrio libero della città, di potere disporre delle cose della terra a suo piacimento, domandò quello medesimo agli usciti di fuori: i quali, benchè si ragunassero in vari luoghi, nientedimeno tutti gli altri si riferivano alle deliberazioni di coloro che si trovavano a Arezzo. Quivi era messer Vieri de' Cerchi e tutti quegli della sua sètta in grande copia e moltitudine, e avevano eletto per capitano Alessandro conte di Romena, e per consiglieri e condottieri de' loro cittadini. Tutti costoro per pubblica deliberazione dettero arbitrio e podestà al legato d'ogni loro cosa. Trovossi in quello consiglio Dante Alighieri poeta fiorentino uno de' principali, e il padre di Francesco Petrarca, che fu poi famosissimo poeta, i quali per simili parzialità, erano stati cacciati da Firenze e trovavansi in esilio a Arezzo, dove poco di poi nacque il Petrarca.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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