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      Avendo avuta questa risposta, gl'imbasciadori se n'andarono a Arezzo: e passarono prima pel campo ch'egli entrassero nella città, e fecero i medesimi comandamenti ch'egli avevano fatto a Firenze. E furono non solamente disubbiditi, ma ancora fu fatto in sugli occhi loro cose più aspre, e più feroci contro a quelli di drento, che non avevano fatto prima. E dopo questo, i prefati ambasciadori del nuovo principe si partirono. I Fiorentini, poi che furono stati alquanto intorno a Arezzo, finalmente, vedendo che la impresa era vana, lasciarono una parte delle genti alla Turrita, presso a Arezzo a due miglia, in uno luogo forte, acciocchè insieme cogli usciti continuassero la guerra: e loro, dato il guasto intorno alla terra e arse molte ville, ridussero le genti a Firenze.
     
      In questo tempo cresceva ogni dì la fama d'Arrigo imperadore, e varj romori venivano d'oltramonti, e alcuni affermavano, che della Magna egli era passato in Francia, e che egli era venuto intorno al Rodano e al lago di Ginevra a udire le ambasciate di più terre e ragunare l'esercito, il quale aveva di poi a condurre in Italia. Molti imbasciadori delle parti d'Italia l'andarono a trovare: e similmente si diceva, che gli usciti fiorentini che non erano impediti da grande povertà, ricorrevano a lui. Sentendo adunque queste cose la città di Firenze, e trovandosi in sospetto, consultava quello che fosse da fare. Erano alcuni, che pareva loro mandarvi imbasciadori, acciocchè l'animo di quello principe non s'alienasse troppo dalla repubblica fiorentina.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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