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      E pareva facile a disporre la mente sua, massimamente avendo bisogno di danari, i quali non poteva sperare dagli usciti fiorentini. E quello che gli moveva a consigliare questo era, perchè pareva loro che quelle nazioni fossero cupide di pecunia, e con quel mezzo qualunque cosa misurassero. A alcuni altri pareva pericoloso questo consiglio, perchè il nome dello imperio era contrario a' modi e reggimenti loro, e non giudicavano utile mettere nelle sue mani la pratica della loro reconciliazione e pace: della qual cosa pareva, che la mandata degli ambasciadori gliene desse cagione. Appresso, era da considerare, domandando lui ricetto nella città, come avevano significato innanzi i suoi imbasciadori, s'egli era da concederlo o da negarlo. Se gliele negassero, lo inciterebbero a uno evidente sdegno; se gliele concedessero, si metterebbero a uno manifesto pericolo: perocchè, s'egli entrasse nella città, chi è quello che dicesse, che da' suoi pensieri s'avesse a contenere? Questa consultazione pareva, che in ogni parte avesse ragione probabile. E l'uno consiglio e l'altro al tempo suo ebbe luogo: perocchè, nel principio si deliberò secondo la sentenza di coloro che consigliavano la mandata degl'imbasciadori; il perchè e' furono non solamente eletti, ma ancora messi a ordine in ogni cosa per andare: all'ultimo mutarono parere, e deliberarono che non andassero. E massimamente fecero questa mutazione, per la notizia ch'egli ebbero della volontà del re Ruberto, il quale si diceva essere poco amico dello imperadore Arrigo.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Ruberto Arrigo