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      E certamente la presenza del nimico e l'assenza de' loro faceva fede a questa opinione, perocchè non si poteva credere, ch'egli avessero lasciati venire i nimici insino alla città sfornita di genti, se prima non fossero stati disfatti e distrutti. E pertanto era nella terra il pianto privato e la paura pubblica. E nientedimeno il popolo prese l'arme, e ordinatamente sotto i gonfaloni corse a difendere quelle parti della terra che erano oppressate dal nimico; e a ciascuna delle compagnie furono distribuiti i luoghi ch'egli avevano a difendere; e fu innovato lo steccato, e fatto torri ne' luoghi più deboli, e afforzate e fornite di buone genti con ogni industria, perocchè dì e notte si lavorava sanza alcuna intermissione. L'imperadore nel principio non si mise a combattere la città; e non si sa quale fussi la cagione. E certamente si crede, che s'egli avesse dato la battaglia in sulla prima giunta, con grande fatica si sarebbe fatto resistenza, essendo la terra spaventata e sfornita di gente e sanza mura da quella parte dove egli aveva posto il campo. Ma tardando lui e mandando la cosa per la lunga, i cittadini presero animo, e le genti fiorentine che gli erano rimase dietro in capo di due giorni per diversi cammini ritornarono: donde ne seguì tanta letizia e ardire a quegli di drento, che cominciavano a sprezzare le minacce de' nimici. L'imperadore da altra parte si confidava nella speranza sua, perocchè, dopo la sua venuta, e poi che egli aveva posto il campo alla terra, quasi infinita moltitudine d'uomini del contado di Firenze v'erano abbondati: e non solamente i partigiani dell'imperio, ma ancora molti altri, o per paura o per desiderio di cose nuove, s'erano uniti con lui.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Firenze