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      Ma poi che conobbero la partita de' nimici, stettero quieti, e armati aspettarono il dì: e in sul levare del sole uscirono fuori le genti a cavallo, e appiccaronsi pure leggermente colle genti d'
      arme dello imperadore. Lui poi, levatosi col campo, in due giornate n'andò a Sancasciano, otto miglia discosto dalla terra e in sulla via di Siena. E trovandosi in questo luogo, sopravvennero in suo favore cinquecento cavalli e tremila fanti de' Pisani, e di Genovesi circa mille balestrieri, uomini attissimi alle espugnazioni delle terre. L'imperadore per queste genti prese animo, e ostinatamente deliberò fermarsi a Sancasciano.
     
      I Fiorentini da quella parte che era vôlta inverso i nimici, dove già erano fatte case ed edificj assai, afforzarono i sobborghi, e rimandatone gli aiuti de' loro collegati, per loro medesimi facevano la guerra. Di qui nasceva, che spesse volte da' nimici si facevano correrie, e dall'una parte e dall'altra molte scaramucce furono fatte: ma non vennero mai con tutte le genti e colle bandiere a una intera battaglia. Molti incendj e danni di più ragioni si fecero nel contado; e la sementa in quell'anno fu impedita in modo, che si dimostrava carestia per l'avvenire.
     
      Stette l'imperadore a Sancasciano più di due mesi, e nel mezzo del verno. Finalmente partitosi di quel luogo, se n'andò a Poggibonizzi, dove considerando la bellezza e opportunità di quel monte, ripose il castello in quel luogo, il quale dal re Carlo era stato disfatto, e quivi consumò il resto del verno.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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